di Azzurra Giorgi
Al tatto sembra quasi seta. Morbido, soffice, leggero. E invece il materiale che Andrea Corrado e Maria Giulia Accolti hanno scelto per la loro collezione è uno meno conosciuto, soprattutto se sotto forma di t-shirt, maglione, paio di calzini. È il bambù, che da pianta sempreverde si fa filato «iper-performante». E da questo filo, leggero, vuoto all’interno «e per questo in grado di assorbire il 40% in più di umidità rispetto ad altre fibre naturali» che è nata filo.sofia, azienda che Corrado e Accolti hanno co-fondato qualche anno fa, cominciando poi a vendere i loro prodotti, realizzati tra Prato, Quarrata e Pistoia, nel luglio 2022.
«Siamo arrivati al bambù da una necessità personale – spiega Corrado. Io soffro molto di sbalzi termici, d’inverno soffrivo entrando nei luoghi caldi e ancor di più quando vi uscivo, e lo stesso, ma al contrario, avveniva d’estate.
Ho provato tutti i tessuti, poi mi sono imbattuto nel bambù, che e iper-performante».
Dopo un primo test su loro stessi, Corrado e Accolti hanno coinvolto altre donne e uomini (poi diventati testimonial), e hanno sviluppato la loro collezione.
Con bambù prodotto in Europa, e poi arrivato in Toscana «per il processo di filatura» e la creazione dei capi. In primis più casual, in jersey di bambù e 4% di elastane per maglie a maniche lunghe, corte, calzini.
Poi, a Pitti Uomo, due settimane fa, hanno presentato maglioni, maglie, sciarpe, scaldacollo 100% bambù. Che saranno disponibili per l’acquisto tra qualche settimana.
«La collezione 1, in jersey, al tatto sembra un misto tra seta e Cachemire, 9 volte su 10 chi ha toccato i calzini, ad esempio, ha pensato fosse Cachemire.
La collezione 2, 100% bambù e tessuto navetta, se la tocchi sembra seta» spiega Corrado. E infatti i maglioni sono morbidi, leggeri al punto da essere quasi impalpabili, disponibili al momento in tre colori “base”: bianco, nero, blu.
Niente stravaganze, né colori della stagione, solo i «più venduti» anche per evitare rimanenze e sprechi. L’idea, infatti, è di una moda, e di un acquisto, “consapevole”: filiera di produzione corta, tessuto di una fibra naturale
«antibatterica, completamente biodegradabile nei prodotti senza elastane, che non necessita di ammorbidente (si può lavare in lavatrice col programma dei deli-cati, ndr) e proveniente da una pianta che cresce molto veloce-
mente» spiega Corrado. Per il momento la collezione, che non ha stagionalità, il cui processo di trasformazione è «uguale a quello della cellulosa della carta», e che in futuro potrebbe allargarsi a nuovi pezzi (come le camicie, ed eventualmente altri colori, seppur sempre neutri), filo.sofia la vende solo online, sul suo sito, in tre boutique di Firenze (Splen, Diana Di Leo, Gianna) e, su appuntamento, nel suo show-room fiorenti-no, in vicolo dell’Oro, dove Corrado lavora anche nel suo studio di marketing e comunicazione.
Che nel caso di filo.sofia significa una scelta ben precisa: niente account social ufficiali, né pubblicità o influencer che sponsorizzano. Solo testimonial, persone che lavorano in ambiti diversi (il pizzaiolo, la personal trainer, l’imprenditore, la commercialista, ecc) che hanno provato i capi e raccontano la loro esperienza.
«Non vogliamo parlare di noi, ma vogliamo che siano gli altri a farlo – spiega Corrado – Abbiamo scelto un approccio al contrario perché ormai i canali sono saturi di persone autoreferenziali».
I prezzi non sono popolarissimi per pezzi “basici” (da 80 euro la. t-shirt) ma il consiglio, che il co-fondatore dà, è uno: «Toccare il prodotto. Chi lo tocca ne rimane estasiato, e torna».